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Catania: gli stupratori e la cultura dell'impunità

Bisogna farsene una ragione: gli stupratori in Italia contano sull'impunità legata alle collusioni con una cultura maschilista ed una giustizia clemente (almeno con loro). Succede a Catania: un sabato sera in discoteca, si balla fino a notte fonda, si beve, si ride, ci si diverte come ogni sabato sera per qualsiasi  giovane. Lei, una ragazza di 25 anni, al ritorno accetta un passaggio in auto da un amico che si offre di accompagnarla a casa, ma in macchina ci sono altri due uomini ed il prosieguo della serata diventa una notte da incubo. Stuprata a turno da ciascuno dei tre, 36, 34 e 23 anni ed infine buttata sulla strada in stato di shock. Gli stupratori sono del catanese anche loro, come la vittima. La giovane viene fortunatamente soccorsa da un passante che chiama subito la polizia ed i soccorsi. Lei finisce in Ospedale, i tre vengono fermati, ma la considerazione necessaria in questo caso è che evidentemente i tre non temevano la denuncia. 

La ragazza conosceva uno di loro: non avevano nessuna speranza di farla franca. Forse contavano sul fatto che lei non avrebbe denunciato, annichilita dalla vergogna e  dal terrore della condanna morale dei benpensanti, che di certo non le riconoscono  il diritto di uscire di casa e frequentare una discoteca. Forse hanno valutato che la blanda condanna con condizionale o domiciliari che li aspetta è una quisquilia, specie se raffrontata con la brutalità e l'umiliazione subita dalla vittima, la devastazione interiore che dovrà affrontare, la gogna sociale solitamente acuita dal solito processo farsa, che la vedrà sul banco degli imputati di fronte ai sui aguzzini. 

Perché è andata in discoteca? Certo lo fanno tutti: le discoteche sono affollate il sabato sera, ma lei sarà colpevole di non essere rimasta a casa, da brava massaia. Perché ha bevuto alcolici? Bevono tutti alcolici in discoteca, difficilmente si servono succhi di frutta, ma lei sarà colpevole di non essere rimasta sobria, da brava ragazza. Perché ha accettato di farsi accompagnare a casa da questo amico? Ovvio: lo conosceva e si è fidata, ma lei sarà colpevole di stupida ingenuità, come minimo, salvo ulteriori striscianti insinuazioni, tanto inverosimili quanto velenose.  

E i tre  depravati che l'hanno distrutta, infliggendole ferite che una sola vita non basta ad elaborare? Ma loro saranno incensurati, bravi figli o padri di famiglia, erano un po' alticci anche loro, non si sono resi conto, lei avrà provocato... si sa, una così... mica era un piano preordinato per farle, come si suol dire, "la festa", mica l'amico si è offerto di accompagnarla, avendo già in mente un preciso disegno criminoso condiviso con i complici che aspettavano in auto. No, non temevano la denuncia: alle loro spalle una torva,  aggressiva e misogina maggioranza, neanche tanto silenziosa.

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